All’ingresso del grande cortile rettangolare della Pinacoteca di Brera, l’enorme statua bronzea del Canova rappresentante un atletico Napoleone ignudo accoglie, come sempre, il visitatore: la presenza di Napoleone non è casuale poiché fu lui ad inaugurare la pinacoteca il 15 agosto 1809 proprio su impulso del Canova, dell’Appiani e del Cagnola. Alle sue spalle si aprono le due grandi scalee dove Parini, assiso a destra, e Beccaria, assiso a sinistra, sono sempre là a ricordarci due grandi glorie della Milano illuminista del ‘700.

Ma è a questo punto che iniziano le novità del nuovo allestimento: infatti, l’ingresso al primo piano è ora posto al centro del lato lungo, proprio alle spalle di Napoleone che, come si direbbe oggi, mostra a tutti un vigoroso lato b. La porta a vetri di sinistra non accoglie più il ricco book shop, collocato ora al piano terreno nell’angolo sinistro del cortile, al suo posto c’è l’elegantissimo bar Fernanda, nome scelto in onore di Fernanda Wittgens, la prima direttrice donna di un importante museo statale italiano, che diede un grande impulso alla Pinacoteca.

Mentre si fa la coda davanti alla biglietteria, una grande porta a vetri permette di vedere l’interno di una sala della Biblioteca Braidense, voluta fin dal 1773 da Maria Teresa d’Austria. Subito una volta entrati cominciano le vere sorprese poiché il corridoio che una volta ospitava in modo decisamente infelice le opere del primo Novecento, è ora occupato da tele e affreschi di maestri del XIV e XV secolo. Infatti, tutte le opere sono disposte in ordine cronologico fino ad arrivare agli Hayez dell’ultima sala. Sappiamo bene che ogni grande museo conserva molte più opere di quelle in mostra e Brera non fa eccezione: nel 2020 si prevede che le opere moderne di Brera, ora in deposito presso altri musei cittadini, possano finalmente trovare spazio nel vicino Palazzo Citterio.

Ma ecco una sala del tutto nuova, a destra di quella che colpisce inevitabilmente il visitatore per la monumentale “Predicazione di San Marco ad Alessandria d’Egitto” di Bellini – in origine collocata nella Scuola Grande di San Marco a Venezia. In questa nuova sala, una profusione di opere di Bramante, Bernardino Luini, Marco d’Oggiono, Cesare da Sesto, Bernardo da Zenale, il Foppa ed altri lombardi. Tutti questi capolavori erano prima immagazzinati in un deposito a vetri collocato prima di una delle sale più importanti della Pinacoteca, quella che accoglie “Lo sposalizio della Vergine” di Raffaello, “Il Cristo alla colonna” di Bramante” e “La sacra conversazione” di Piero della Francesca universalmente conosciuta come “La Madonna dell’Uovo”.

Attualmente “la cena in Emmaus” di Caravaggio, in prestito, è sostituita da un’omonima opera di Rembrandt; dietro di essa una grande tela di Orazio Gentileschi “Cecilia, Valeriano e Tiburzio”: mi ci soffermo davanti ogni volta che vado a Brera perché un dettaglio dell’opera, il giovinetto Tiburzio, compariva sulla copertina del libro “Al museo con papà” datomi alle elementari ed io mi ero sempre impersonificata in quel ragazzino.