“Ulisse è riconosciuto dal suo cane Argo”, denario d’argento di C. Mamilius Limetanus, 89 a.C.

«… e un cane, sdraiato là, rizzò muso e orecchie, Argo, il cane del costante Odisseo, che un giorno lo nutrì di sua mano prima che per Ilio sacra partisse, e in passato lo conducevano i giovani a caccia di capre selvatiche, di cervi, di lepri, ma ora giaceva là, trascurato, partito il padrone, … là giaceva il cane Argo, pieno di zecche.

E allora, come sentì vicino Odisseo, mosse la coda, abbassò le due orecchie, ma non poté correre incontro al padrone. E il padrone, voltandosi, si terse una lacrima, e subito con parole chiedeva:

“Eumeno, che meraviglia quel cane là sul letame, bello di corpo …” e tu Eumeno rispondendogli dicevi: “purtroppo è il cane di un uomo morto lontano … se per bellezza e vigore fosse rimasto come partendo per Troia lo lasciò Odisseo, t’incanteresti a vederne la snellezza e la forza… Ora è malconcio e sfinito, il suo padrone è morto lontano e le ancelle non se ne curano…

E Argo la Moira di nera morte afferrò appena rivisto Odisseo, dopo vent’anni».

(Odissea, libro XVII, 290-327)

Su una splendida moneta romana d’argento di età repubblicana compare un vecchio barbuto e altero con copricapo e coperto da un mantello che cammina appoggiandosi a un lungo bastone; sembra indicare quel cane magro e dalla lunga coda che gli si fa incontro festoso. E una scena semplice, minimale come sempre nelle monete ma comunque noi osservatori comprendiamo subito che i due si conoscono e si vogliono bene, felici di vedersi. Ulisse è tornato a Itaca, vecchio, stanco e sporco, il suo infinito viaggiare si è finalmente concluso; Argo, come il suo padrone vinto dagli anni e dagli stenti, lo riconosce all’istante, unico tra tutti, non sarà così né per il fedele servo Eumeno né per l’amato figlio Telemaco. Gli muove la coda riconoscente per averlo potuto rivedere prima di cadere morto per la felicità e le prostrazioni subite.

Argo diventa così il cane più famoso della letteratura, Omero lo tratteggia con pochi e strazianti versi lasciandoci una traccia indelebile diventando per sempre il simbolo di un amore fedele e invincibile nel tempo. Ulisse, l’eroe omerico più forte, il polimètis “pieno di astuzia”, è tornato per recare fredda e implacabile vendetta su coloro che stanno osando insediare la sua casa e la sua regina, ma rischia di tradirsi davanti alla devozione del suo cane.

Da tre anni nella mia vita è entrata la bellissima Bea e come Odisseo mi sorprendo spesso a intenerirmi. Quest’anno questo breve racconto di Natale è dedicato a lei, e a tutti gli altri come lei che ci aiutano a vivere meglio.

Buon Natale a tutti voi, che sia soprattutto sereno.

Gabriele Rossoni, assieme a Barbara Di Lorenzo, Carla Vaudo, Marco Mancini e Valeria Marino.