La Bulgaria è la terra degli antichi Traci

«I Traci sono oceano, i protobulgari … che giungono dal Mar Caspio e dal Mar d’Azov sono onda che muove e agita quell’oceano originario, gli slavi sono la terra e la mano paziente che la impasta e le dà forma: i bulgari moderni sono la fusione di tutti e tre gli elementi» (Claudio Magris, Danubio)

Sai, vado in Bulgaria!, e a questa notizia il mio interlocutore viene colto da dubbio e stupore. Il fatto che questo paese da tempo non sia più uno dei fari del socialismo reale, fedele oltremisura a Mosca, aumenta la sorpresa e la curiosità su cosa caspita si vada mai a fare in quel luogo senza più nemmeno la motivazione della spinta ideologica. Ma questo fastidioso scetticismo potrebbe decadere nel momento in cui, invece che Bulgaria, si dice di essere in procinto di esplorare le terre di Tracia, nome assai più evocativo. Sia chiaro, l’interlocutore, anche così, non percepisce ancora esattamente dove mi sto recando – che sia forse in Grecia? – ma perlomeno dimostra subito tutta un’altra attenzione. Per molti di noi la Bulgaria è sempre associata a strategie politiche veterocomuniste molto poco democratiche, quelle della cosiddetta “maggioranza bulgara” per intenderci, oppure a trame di servizi segreti oscuri per non dire impenetrabili piuttosto che a un territorio di grande bellezza naturale, culla di miti straordinari e sede di antiche e potenti popolazioni i cui re venivano seppelliti ricoperti d’oro all’interno di tumuli monumentali al pari dei sovrani micenei e macedoni.

La Bulgaria è il luogo dell’antica Tracia. Le drammatiche vicende della storia più recente di questo paese, condizionata da una lunghissima opprimente dominazione ottomana e da scelte politiche sistematicamente sbagliate, hanno costretto questa regione dentro confini più ristretti mentre le tribù trace popolavano un’ampia area geografica, ben oltre il Danubio a nord e fino al mare Egeo a meridione, in continua interazione con la cultura greca e latina, con l’ellenismo alessandrino e l’imperium di Roma.

Balkan in lingua turca significa “montagna” e i Balcani sono proprio una catena montuosa che divide a metà la Bulgaria, come fosse la sua spina dorsale. Su questi monti ricoperti di boschi fitti e nelle fertili vallate sottostanti bagnate da corsi d’acqua e laghi, hanno lasciato le loro tracce i Traci, o meglio le temibili tribù degli Odrisi, dei Bessi, dei Triballi, i cui sovrani hanno nomi che a molti dicono poco, eppure i vari Teres, Sitalce o Seute sono stati grandi e potenti come ci testimoniano le loro tombe e i ricchissimi corredi funerari, veri inestimabili tesori. Nelle pianure di Bulgaria sono centinaia i tumuli di terra che nascondono da secoli i resti di antiche sepolture, tuttavia la ricerca archeologica qui è sorprendentemente recente, in molti casi successiva al 2000: camere sepolcrali realizzate con pietre megalitiche perfettamente lavorate e abbellite da modanature architettoniche o ancor più da pitture parietali policrome uniche nel loro genere, come a Kazanlak, dove osservo sorpreso la grazia del dipinto del banchetto dei due sposi che si tengono reciprocamente i polsi in un estremo gentile gesto di amore e di reciproco rispetto.

Sono in Bulgaria da due giorni, Sofia è lontana, più a nord, la capitale con il suo centro storico ordinato e troppo freddo per i miei gusti, scandito dal gigantismo dei palazzi del potere tipici dell’era sovietica ora trasformati in altro ma comunque sempre incombenti. Sotto la città moderna emerge sporadica la città romana di Serdica con le sue antiche strade lastricate, le mura e gli edifici pubblici. Per tutto il viaggio osservo con piacere il gusto museografico con cui i Bulgari hanno valorizzato le loro antichità, dal villaggio neolitico ai tumuli traci fino ai resti di età romana, costruendovi sopra in molti casi un bel museo nel pieno rispetto della conservazione del ritrovamento sul luogo di origine.

In questo senso comprendo le motivazioni in apparenza folli che hanno concepito il Progetto Seutopoli: recuperare un’intera città fondata dal grande re trace Seute che giace sconsolata in fondo a un lago artificiale. Negli anni ’50, nel pieno delle politiche ruraliste del Partito, la creazione di una risorsa idrica per le campagne venne preferita alla conservazione dell’unico esempio di insediamento urbano trace di nostra conoscenza e la città di re Seute venne sommersa. Il tempo passa assieme alla visione delle cose e nel 2005 l’architetto Zheko Tilev realizzò un progetto visionario per fare riemergere la città inserendola in un’enorme camera stagna di forma circolare, raggiungibile dai futuri visitatori in barca e attraversata da sopraelevate panoramiche. Credo che i tanti soldi necessari e i tempi di realizzazione saranno alla fine ostacoli insuperabili per Seutopoli, la destinazione turistica più postmoderna che sia stata mai immaginata.

Continua…