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Con Barbara Di Lorenzo

Visita guidata + noleggio sistema di amplificazione: Eu 12 iscritti a Flumen / Eu 15 non iscritti
Biglietto d’ingresso: Eu 6

A due passi da piazza Barberini, ai piedi della salita di Veneto, si nasconde uno dei luoghi più famosi e inquietanti di Roma. La chiesa di Santa Maria della Concezione dei Cappuccini fu edificata dal Cardinale Antonio Barberini, cappuccino. Suo fratello, il Papa Urbano VIII Barberini, vi celebrò la prima messa l’8 settembre 1630.

Originariamente la chiesa si trovava isolata, in una zona di campagna di fronte a una piazza, e comprendeva anche un campanile e un grande convento che vennero abbattuti dopo l’unità d’Italia: il primo a fine Ottocento, per la costruzione di via Veneto, l’arteria principale della lottizzazione di Villa Ludovisi, e il secondo per creare lo spazio necessario a edificare il nuovo Ministero delle Corporazioni negli anni Venti. Il convento fu comunque prontamente ricostruito, attiguo alla chiesa, nel 1925.

La chiesa, progettata dall’architetto Michele da Bergamo, è costituita da una piccola navata con dieci cappelle laterali nelle quali sono conservate importanti reliquie ed opere d’arte come l’Arcangelo Michele che caccia Lucifero di Guido Reni, la Natività di Giovanni Lanfranco, il San Francesco riceve le stimmate, del Domenichino, la Trasfigurazione di Mario Balassi.

L’attrattiva principale della chiesa è sicuramente la cripta-ossario decorata con le ossa di circa 4000 frati cappuccini, raccolte tra il 1528 e il 1870 dal vecchio cimitero dell’ordine dei cappuccini, che si trovava nella chiesa di Santa Croce e San Bonaventura dei Lucchesi nei pressi del Quirinale. La cripta è divisa in cinque piccole cappelle, dove si trovano anche alcuni corpi interi di alcuni frati mummificati con indosso le vesti tipiche dei frati cappuccini. All’ingresso della cripta c’è scritto su una targa Quello che voi siete noi eravamo; quello che noi siamo voi sarete. La scelta di decorare la cripta con le ossa, che potrebbe apparire lugubre e macabra, è in realtà un modo di esorcizzare la morte e di sottolineare come il corpo non sia che un contenitore dell’anima…

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