Con Valeria Marino
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Papa Giulio II, pochi anni dopo l’inizio del suo pontificato, si rifiutò di utilizzare l’Appartamento Borgia, indissolubilmente legate al suo predecessore Alessandro VI: non volebat videre omni hora figuram Alexandri praedecessoris sui / “non voleva vedere in ogni istante l’immagine del suo predecessore Alessandro. Per questo scelse alcuni ambienti al secondo piano del Palazzo Apostolico nell’ala settentrionale, frutto delle ricostruzioni parziali di Niccolò V. Secondo quanto testimonia Vasari, questi ambienti presentavano già decorazioni quattrocentesche importanti, con alcune pareti affrescate anche da Piero della Francesca. In un primo tempo la ri-decorazione degli ambienti venne affidata a un gruppo di artisti di primo piano tra cui Pietro Perugino ma il suo lavoro non piacque al papa che lo liquidò velocemente. Fu probabilmente Bramante, allora architetto pontificio, a suggerire al pontefice il suo conterraneo Raffaello Sanzio, a quell’epoca di stanza tra Firenze, l’Umbria e le Marche, reduce da un clamoroso successo con la Pala Baglioni a Perugia. Il pontefice, soddisfatto dei primi saggi del pittore, gli affidò presto la decorazione dell’intera impresa, senza esitare a distruggere tutto il lavoro dei suoi predecessori. Raffaello, coadiuvato da un cospicuo numero di aiutanti, lavorò all’impresa, stanza dopo stanza, fino alla morte sopraggiunta nel 1520, mentre i suoi seguaci completarono la decorazione su suo disegno fino al 1524. Da ovest a est si susseguono una serie di straordinari ambienti di forma rettangolare, che presero il nome dalle rappresentazioni affrescate: la Stanza dell’Incendio, la Stanza della Segnatura, la Stanza di Eliodoro e la Sala di Costantino.