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Con Barbara Di Lorenzo

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Alla fine del Medioevo a Roma era assai diffuso il fenomeno religioso delle “case sante”, piccole comunità spontanee di bizzoche e terziarie, che conducevano una vita austera, povera e casta, fatta di lavoro manuale, di preghiera, di condivisione dell’altrui sofferenza. La differenza di questo tipo di vita rispetto al monachesimo femminile tradizionale era radicale, per la semplicità dell’organizzazione comunitaria, per la libertà di vincoli gerarchici di subordinazione, per l’assenza di formalismo. Queste comunità aperte erano sul piano organizzativo delle realtà con caratteristiche del tutto nuove, autogestite, ricche di una autonomia e flessibilità sconosciuta alle antiche fondazioni monastiche e profondamente radicate nel mondo cittadino, dove si rendevano presenti con la loro opera di carità e di assistenza. L’esperienza delle oblate di Tor de’ Specchi affondava le sue radici in questo complesso e variegato tessuto di devozionalità femminile, ma furono la forte personalità di Francesca Ponziani e il suo eccezionale carisma a rendere Tor de’ Specchi un caso unico.

Il 15 agosto 1425, nella solennità dell’Assunzione, dieci donne guidate da Francesca si offrirono come oblate della Vergine nella basilica di S. Maria Nova al Palatino, retta dai monaci olivetani. Il piccolo gruppo delle compagne era costituito da esponenti delle famiglie più ricche e facoltose della nuova nobiltà cittadina, ma soprattutto legate alla nuova borghesia degli affari e dei commerci. Pur continuando a vivere nelle proprie case, esse si impegnavano, con l’oblazione, a una vita cristiana più perfetta, nella frequenza sacramentale, nelle penitenze, nelle opere di carità.

La svolta decisiva si ebbe però nel 1433, quando venne affittata una piccola casa nel rione Campitelli presso la chiesa di S. Andrea dei Funari. L’abitazione sorgeva all’ombra della Torre degli Specchi e le oblate vi si ritirarono il 25 marzo, festa dell’Annunciazione, data di inizio della vita in comune.

Tor de’ Specchi era dal punto di vista istituzionale una realtà singolare e profondamente innovativa: le oblate di Francesca non erano né monache né laiche, sotto il profilo del diritto canonico erano secolari, rimanevano cioè nel loro stato e non erano vincolate a voti pubblici. La loro promessa aveva un valore personale e per questo a differenza delle monache tradizionali non erano vincolate alla clausura. Nelle intenzioni di Francesca Tor de’ Specchi doveva rimanere un monastero aperto, in grado di mantenere un rapporto vivo con il mondo circostante, mentre esistevano precise norme canoniche che vietavano la vita in comune delle terziarie. Il progetto della fondatrice era dunque in anticipo sui tempi, anche se esso esprimeva esigenze profonde del movimento religioso femminile del Quattrocento, indipendentemente dalla famiglia di afferenza.

«…accese dallo zelo di Dio, desiderose di servire l’Altissimo in spirito di umiltà e, per quanto è possibile alla loro fragilità, di imitare la vita apostolica per guadagnare sè stesse a Cristo e vivere in comune e carità…» (Bolla di Eugenio IV sulla fondazione di Tor de’ Specchi).

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