Raccontato da Carla Vaudo
«Peregrini si possono intendere in due modi, in uno largo e in uno stretto: in largo, in quanto è peregrino chiunque è fuori della sua patria; in modo stretto non s’intende peregrino se non chi va verso la casa di Sa’ Iacopo o riede. È però da sapere che in tre modi si chiamano propriamente le genti che vanno al servigio dell’Altisimo: chiamansi palmieri in quanto vanno oltremare, la onde molte volte recano la palma; chiamansi peregrini in quanto vanno a la casa di Galizia, però che la sepoltura di Sa’ Iacopo fue la più lontana della sua patria che d’alcuno altro apostolo, chiamansi romei quanti vanno a Roma».
Queste le parole con cui Dante, nella Vita Nuova, racconta di uno degli aspetti peculiari del Medioevo: la “peregrinatio ad loca sancta”. Il viaggio verso i luoghi santi rappresentò uno straordinario veicolo di trasmissione non solo di fede, ma anche di cultura e di tradizioni, oltre che di sviluppo economico. Il passaggio dei pellegrini rappresentò il motore che determinò la realizzazione di luoghi di ospitalità, chiese e cattedrali che rivaleggiavano in maestosità e splendore, e soprattutto si contendevano le reliquie più preziose, resti di corpi santi che attirassero i fedeli, alla ricerca di un segno tangibile della presenza del divino nel mondo.
Ma se la meta era una sola, infiniti erano i percorsi con cui si poteva raggiungere. Per arrivare a Santiago di Compostela noi compiremo il cosiddetto Camino Francès, che dai Pirenei, dopo 800 km, ci porterà a varcare il Portico della Gloria della cattedrale di San Giacomo, e poi a bagnarci nelle acque del grande mare Oceano, in quel Finisterrae che ha rappresentato e ancora rappresenta per milioni di pellegrini, una fine ed un inizio. Incontreremo lungo il cammino monasteri, hospitalia, chiese e cattedrali, in un fiorire di bellezza e di vertigine, che rendevano gloria a Dio ma ancora di più all’uomo.